Si celebra a San Pietro Celestino l’adorazione delle Quarant’Ore

Pubblicato giorno 26 marzo 2018 - Vita della Comunità

Negli ultimi giorni della Quaresima, che corrispondono all’inizio della settimana santa, molti membri della nostra comunità parrocchiale si avvicendano davanti al Santissimo, esposto nella chiesa di San Pietro Celestino, come omaggio al Gesù che sta per celebrare la sua Pasqua, e in riparazione delle tante offese all’amore divino.dig

Ma quali sono le origini della devozione delle Sante Quarantore in onore di Gesù Cristo Eucarestia?

“Dio cerca adoratori in spirito e verità”, dice Gesù alla samaritana, nel vangelo di Giovanni (Capitolo 4). Le Sante Quarant’Ore sono un tempo di grazia. L’esposizione del Santissimo Sacramento, detta Esposizione delle Quarant’ore, ebbe questo nome in memoria del tempo che Gesù stette nel santo sepolcro.

L’uso di esporre il SS. Sacramento all’adorazione dei fedeli per quaranta ore continue avvenne per la prima volta nel 1527 presso la chiesa del S. Sepolcro a Milano. I Cappuccini, a cui si unirono anche i Minoriti, furono ferventi propagatori dell’uso delle Quarant’Ore; altrettanto zelo fu espresso anche dai Gesuiti i quali diffusero quest’uso in tutta Europa e in Italia.

Nei secoli successivi vari papi si sono occupati delle Quarant’Ore con molti documenti. Momento privilegiato alla celebrazione delle Quarant’Ore è l’inizio della Settimana Santa, legato tradizionalmente al precetto pasquale annuale. Le Quarant’Ore nel senso attuale risalgono al secolo XVI.dig

“Tra le manifestazioni del culto eucaristico – scrive E. Picucci su L’Osservatore Romano – restano ancora attuali le Quarantore, una volta così diffuse e così solenni da costituire un tempo di rinnovamento spirituale e sociale, di preghiera e di penitenza, di comunione tra il clero e il popolo, tra ricchi e poveri, tra superiori e sudditi. La storia dice che, durante i giorni della solenne esposizione, le città cambiavano fisionomia: i negozi chiudevano; i lavori dei campi erano sospesi; le barriere sociali cadevano e la fede rifioriva nel cuore della gente che imparava a pregare e a meditare. L’adorazione coinvolgeva tutte le categorie di persone che, giorno e notte, si avvicendavano in preghiera, spesso in modo inventivo e spontaneo, per quarantore davanti a Gesù Eucaristia”. Per tre giorni si stabiliva quasi una “tregua divina” affinché i violenti diventassero mansueti, i ladri restituissero il maltolto, i falsari diventassero onesti, i nemici si riconciliassero, la gioventù si innamorasse di Dio e i sacerdoti non si allontanassero dall’altare e dai confessionali.

“Il Vaticano II nell’Eucharisticum mysterium dettò alcune norme per questa devozione, soprattutto nel senso che l’esposizione deve apparire in rapporto con la Celebrazione Eucaristica che «racchiude in modo più perfetto quella comunione intera alla quale l’esposizione vuole condurre i fedeli»”. Il santo Giovanni Paolo II nella Lettera Dominicae Cenae del Giovedì Santo 1980 afferma: «La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo Sacramento d’amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andarlo a incontrare nell’adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione!».

Per una trattazione più completa, si può consultare il sito evidenziato qui.

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