Di questo dipinto, firmato e datato dall’Autore, esistono altre due versioni: una nella Chiesa di Santa Gemma a Goriano Sicoli (1889), l’altra a L’Aquila, nella Chiesa del Suffragio (1897).
Qui il Patini ripropone lo stesso soggetto, ma con alcune varianti.
Pur mantenendo la salda impostazione formale del Santo, di tre quarti e con le braccia mirabilmente aperte a misurare la profondità dello spazio, con la mano sinistra in primo piano quasi a creare un contatto con la realtà esterna, fa irrompere il Bambino, dai tratti fisionomici e fisici di un contadinello, che immerge le figure in un’aura fumosa, nebbiosa, in un’atmosfera che risente delle coeve soluzioni simboliche.
Il saio marrone, greve e morbido di pieghe, i gigli in primo piano, la corona di rose e fiori di campo sospesa sulla testa del Santo, sono proposti invece con quel gusto e quella sensibilità di stampo naturalista da cui era partito negli anni ’60 e ’70 e a cui approda di nuovo alla fine del secolo attraverso la rivisitazione preraffaellita.
Prima del restauro conservativo, avvenuto nel 1999 a cura della Sovrintendenza B.A.A.AS. per l’Abruzzo, patrocinato dalla Confraternita del Santo, il dipinto mostrava la data 1893.