Quinto incontro sulla Parola di Dio

Pubblicato giorno 16 marzo 2018 - Vita della Comunità

Il protagonista della prima lettura di questa Domenica è il Profeta Geremia, che nel testo ci introduce a un nuovo modo di intendere l’Alleanza, nel senso proprio del termine e soprattutto diversa da quell’Alleanza che Dio aveva stabilito nei tempi passati con il popolo ebraico.

Il tema dell’alleanza percorre tutta la storia d’Israele, storia che ci è stata descritta nel Vecchio e Nuovo Testamento della Bibbia. In tale contesto di fatti, la parola Testamento non indica ciò che è descritto nel codice civile ma esprime il dono d’amore che Dio offre all’uomo, che si mostra attraverso un patto.

Il viaggio nella storia dell’Alleanza iniziò con Noè e la sua arca, un’alleanza amplia e intravista, poi prosegue con Abramo evidenziando un patto con il patriarca che sceglie di seguire il consiglio di Dio e di recarsi verso la terra promessa. L’Alleanza si realizzò in modo specifico con Mosè attraverso il dono della liberazione e delle 10 parole, dette 10 comandamenti. Tuttavia Dio è rimasto sempre fedele al suddetto patto, che la storia ci ha riconfermato con diverse persone, ma il popolo d’Israele purtroppo no. Ha tradito troppo volte il Signore e troppo volte ha chiesto il suo perdono, fino a che il Signore li ha castigati e mandati in esilio in una terra lontana, dove erano ridotti in una condizione di schiavitù (ancora una volta!!). Solo con l’intervento di Ciro ed il suo Editto, gli ebrei furono liberati e tornarono nella loro terra promessa. Dietro all’azione di Ciro c’è la presenza di Dio che ancora una volta usa ogni mezzo e persona a sua disposizione per mostrare il grande amore che prova per il suo popolo.

In tale contesto, si inserì il discorso del profeta Geremia. Egli scrive sotto il regno di Giosia, il nipote di Manasse. Il Re Manasse è stato un re empio, caratterizzato dall’ingresso della corruzione religiosa e la decadenza morale di Israele per cinquant’anni nel regno. Pertanto Giosia, divenuto Re a solo 8 anni ma accerchiato da persone molte sagge, crebbe dolce d’animo, attento ai poveri, rispettoso della legge del Signore, e di conseguenza dovette approvare una serie di riforme religiose, politiche e sociali per ristabilire l’ordine all’interno dello stesso. Nel caso specifico Geremia, anche se essendo profeta non poteva schierarsi, approvò tali riforme che riportarono un certa tranquillità, scrivendo gli oracoli della consolazione, in cui cercò di infondere coraggio non solo al Re Giosia ma anche a tutto il popolo ebraico. La caratteristica del brano, tratto dal libro del profeta Geremia è la contestualizzazione di un’Alleanza nuova. Dio prese per mano il popolo ebraico per farlo uscire dalla schiavitù d’Egitto, si era impegnato a proteggerli e a colmarli di benedizioni, aveva assicurato loro una vita prospera e felice, a condizione che loro seguissero i suoi consigli e che ascoltassero le sue parole, ma nonostante questo Israele ha infranto il patto con una serie di tradimenti e le conseguenze sono state catastrofiche.

Tuttavia tramite il profeta Geremia, Dio parlò di una nuova Alleanza, mettendo la sua legge nell’animo delle persone e scrivendola nel loro cuore. Certamente il cuore è la parte più importante che possiede l’uomo in quanto rappresenta la sua interiorità e la sua essenza.

Di fronte a tale rivelazione, l’Alleanza non è più un’imposizione esterna, ma un impulso divino che aiuta ad agire ed a pensare come il Signore. Pertanto la precedente Alleanza, stabilita sul monte Sinai, era destinata al fallimento in quanto l’uomo non aveva la forza di mantenersi fedele. Allora diverranno superflui i comandamenti e i precetti perché tutti, dal più piccolo al più grande, mossi dallo Spirito di Dio, aderiranno spontaneamente alla sua volontà.

Nella seconda lettura della domenica tratta dalla lettera agli Ebrei, l’autore cerca di rispondere alle perplessità ed incertezze del mistero della fede dato che in questo cammino non siamo soli ma ci accompagna Gesù, che ha vissuto le nostre stesse esperienze e ha sperimentato le diverse tentazioni. In modo particolare l’autore pone la sua attenzione sulla reazione del Messia di fronte alla morte ed al dolore. Egli, essendo uomo, ha provato ciò che ogni uomo sperimenta in simili situazioni ma ha chiesto aiuto al Padre, per risparmiarlo da quella sofferenza. Il Padre, ma anche lui stesso, aveva tutte le possibilità di salvalo ma lui, dopo un attimo di sconforto, decise di percorrere la strada dell’umiliazione e della morte, soffrendo lui stesso per tutti gli uomini.

Il Vangelo di oggi è tratto dal testo di Giovanni. In modo particolare è esattamente il brano che segue dopo l’entrata solenne di Gesù a Gerusalemme, quindi il testo sarebbe collocato nel lunedì della settimana santa. Il Ministero pubblico di Gesù è al massimo della sua espressione, tanto da attirare molte persone che frequentavano il tempio dato che la Pasqua si stava avvicinando. Anche un gruppo di persone provenienti dalla Grecia furono attratte da questo personaggio. Il testo che ci riporta l’evangelista Giovanni parla dei greci ma in realtà vuole intendere un insieme di persone provenienti dall’estero, quindi stranieri che si stavano avvicinando all’ebraismo. Tali stranieri vedono e sentono molta confusione attorno a Gesù ed, essendo incuriositi, chiedono a Filippo ed Andrea (due apostoli molti vicini a Gesù) di poter parlare con lui.

Molti studiosi si sono fermati su questo testo perché all’apparenza sembra banale e senza significato. In realtà nel Vangelo di Giovanni il verbo “vedere” significa accogliere l’intimo di una persona. A questi greci non interessava sapere che fattezze avesse Gesù, come vestiva, come si atteggiava; ciò che volevano era scoprire la sua identità e sapere se egli poteva dare un nuovo colpo d’ala alla loro vita. Nel dettaglio i greci non vanno direttamente da Gesù, passando attraverso i suoi discepoli perché questo è l’unico cammino; e solo passando attraverso la comunità che si può raggiungere Cristo, una comunità di credenti come quella a cui appartengono Andrea e Filippo, i soli, fra i dodici che hanno un nome greco e che, forse per questo, sono considerati i più adatti a fare da mediatori con i greci.

Tuttavia noi come cristiani abbiamo questo desiderio nel cuore di conoscere Gesù? Lui ci tende la mano, come ha fatto Dio con il popolo ebraico, attraverso la sua comunità che oggi è la Chiesa.

Dopo questa richiesta di incontro di Gesù, non sappiamo più nulla di questi greci. Giovanni li fa uscire di scena come ha fatto con Nicodemo. La loro presenza è servita da espediente per preparare il terreno al tema che vuole sviluppare. Di fatti successivamente Gesù prende la parola per enunciare dei grandi discorsi che sembrano quasi un collage o messi lì dall’autore solo ed esclusivamente per essere uniti.

Esordisce con un’immagine presa dal mondo agricolo: perché nel campo possano germogliare le preziose spighe è necessario che i chicchi di grano muoiano nella terra; solo con essa può sbocciare una vita centuplicata. Tuttavia la sua attenzione è rivolta nel grande discorso in cui annuncia ciò che sarebbe successo nel giro di qualche giorno: la sua morte e passione. È giunto il momento cruciale della missione e lui è tentato di fuggire e di chiedere aiuto al Padre di essere salvato da quell’ora, ma sa benissimo che, solo attraverso la sua morte il Padre potrà rivelare al mondo il suo immenso amore per l’uomo. Ed ecco una voce dal cielo (in ricordo della trasfigurazione) che espande il Padre per glorificare il suo figlio.

Giusi P.